“Come comunicano le PMI e i liberi professionisti” è un altro mio articolo che è stato pubblicato su SENZAFILTRO, il quindicinale on-line sul mondo del lavoro e sulle aziende (Qui trovi l’articolo originale pubblicato in SENZAFILTRO)

Sono ormai sette anni che faccio libero professionista, dopo una vita passata a fare il manager in grandi aziende e il direttore di piccola media impresa.

Quindi per naturale “nuova” appartenenza a questa “specie” mi  trovo spesso a guardare come comunicano e come si presentano i liberi professionisti.
E siccome di mestiere lo faccio sulle piccole imprese, mi appare abbastanza chiaro che le due “specie” spesso comunicano nello stesso modo.

In questo articolo mi concentro sui liberi professionisti, ma il 90% dei concetti vale anche per le piccole e medie imprese nonché per le micro imprese.

Come comunicano le Pmi e i liberi professionisti nel mondo reale.

Partiamo dalla fotografia della realtà.
Prova a pensare ai liberi professionisti che conosci, che usi e di cui ti fidi.

Ti verrà sicuramente in mente il tuo commercialista, il tuo dentista, il tuo psicologo, il tuo consulente marketing,…

Prova a fare un piccolo giochino.
Scrivi su Google il suo nome.
Cosa salta fuori?
O ancora meglio  prova a digitare, ad esempio,” commercialista a Verona” per vedere se e quando salta fuori il nome del tuo libero professionista di fiducia…

Ci scommetto che il tuo libero professionista che stimi tanto e in cui riponi una grande fiducia non appare neanche o appare alla pagina 3, 7 o 13 della ricerca di Google.

Se il nome del professionista che hai cercato è apparso nella prima pagina sei stato fortunato.
Nel 96,8% dei casi non si riesce proprio a trovare libero professionista che si cerca.
Alcune volte anche digitando su nome cognome!!

O se lo trovi, lo trovi con un indirizzo base in un elenco stile pagine gialle.
Raramente trovi un suo sito, magari aggiornato e che presenti motivi per cui ricontattarlo.

Pensa cosa succede se qualcuno cerca il problema che vuole risolvere tramite il professionista…

E lo stesso succede spesso se cerchi una Piccola e Media Impresa…

In parole povere: i Liberi professionisti comunicano spessissimo male, poco, o niente.
Come al solito non vale nel100% dei casi, ma per la maggioranza si.

Perché succede?

Essenzialmente per due cause:

  1. Per decenni i liberi professionisti non hanno avuto bisogno di comunicare.
    Perché facevano parte di ordini professionali, perché non c’era la concorrenza che c’è oggi, perché c’erano fin troppi clienti e perché nelle professioni tradizionali, con un bacino di utenza geografico iper-definito, valeva “Uber Alles” la reputazione.
  2. Il libero professionista si è sempre basato sul passa parola come primario strumento per trovare clienti. E già con il passa parola riusciva a saturare la sua attività.

Ma nei mercati di oggi, questi sono fortissimi limiti allo sviluppo (per non dire mantenimento) di un’attività professionale.

Le professioni tradizionali vedono il loro bacino di utenza diminuire (pensa ai notai), la concorrenza aumentare in modo mai visto e anche da fonti che non esistevano 10 anni fa (pensa ai dentisti o agli avvocati) e non hanno minimamente la sensibilità per capire che se non comunichi, non esisti sul mercato.

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Accanto alle professioni tradizionali, sono nate una marea di professioni non ordinate che di fatto vivono questa situazione in modo ancor più esasperato perché non si possono basare su decenni di tradizione.

Basta pensare tutte le professioni legate al mondo digitale o anche a quello che faccio io (consulenza direzionale).

A peggiorare le cose, gli ordini professionali (per le professioni che ne hanno uno) hanno creato più problemi per permettere una comunicazione libera che non dare soluzioni vuoi aiuto.

Conosco dei professionisti che se citi la parola “pubblicità” o la parola “comunicazione” nella stessa frase di “ordine professionale” diventano verdi.

Per le PMI, eccetto il discorso degli ordini professionali, la situazione è analoga.

Ancora peggio: il libero professionista (e la PMI) che comunica lo fa spesso in modo ego-riferito.

Quella minoranza de liberi professionisti che comunicano lo fanno spesso nel modo sbagliato.

E anche comprensibile.
Anzi lo dice la parola stessa: sono professionisti, per cui il loro punto focale è la specialità tecnica in cui operano.
E tutte le sue sotto-declinazioni fino al 25º sub-paragrafo.

Quindi quando devono comunicare, naturalmente partono da quel punto di partenza: gli aspetti tecnici del loro mestiere.

Peccato che non è così che si comunica!

Comunicare vuol dire far si che il target della tua comunicazione la capisca, la trovi utile, e magari (se ti interessa vendere…) ti scelga al posto di un tuo concorrente.

Quindi se parli in tecnichese evoluto, per il 98% delle persone che la ricevono, questa comunicazione non sarà efficace.
E questo vale sia per un sito Web, una brochure, una conferenza,…
Se volete vi presento dei blog di avvocati o commercialisti che, anche se vorrebbero comunicare a un possibile cliente , pubblicano dei post dove non è possibile andare oltre la seconda riga per l’uso di tecnichese .

Prova adesso a fare un altro giochino.

Prendi il sito Web o l’intervento in una conferenza di un professionista che stimi (e, non bariamo, che non fa il tuo mestiere).
Guarda com’è scritto/parlato.
Dice solo noi, Io, faccio, mi occupo di…
E magari usando un linguaggio iper tecnico?

Ecco, hai tra le mani un esempio tipico della comunicazione di cui parlavo.
Quella che non funziona.

3 principi obbligatori da cui iniziare per comunicare bene

Lo so fino ad adesso non sono stato proprio tenero, ma è la realtà che vedo.

La buona notizia è che se ne può uscire applicando tre concetti di base (possono sembrare ovvi, ma al 96,3% sono disattesi):

  1. Stare in un mercato oggi, come fanno tutti liberi professionisti e le piccole medie imprese, vuol dire che bisogna comunicare ai propri clienti.
    Non c’è da discutere, c’è solo da capire come farlo al meglio.
    Pensare che non serva perché ho un buon passa-parola o una buona reputazione vuol dire creare le premesse di problemi futuri o lasciare campo a concorrenti più agressivi.
  2. Per comunicare si deve partire destinatario della comunicazione.
    Non da chi sono io o da quello che so fare bene.
    Quindi vuol dire usare un linguaggio non tecnico e comprensibile da un bambino di 10 anni (non sto scherzando, da un bambino di 10 anni!).
  3. Bisogna sempre usare quello che io chiamo il principio dell’unica comunicazione che funziona.
    Mi spiego meglio, sennò scrivo in tecnichese anch’io…

È un concetto che nasce dalla logica della “big idea” di David Ogilvy (uno dei pubblicitari di maggiore successo di tutti tempi https://it.wikipedia.org/wiki/David_Ogilvy) ).

Per Ogilvy, la comunicazione migliore c’è solo alla congiunzione tra la tensione culturale sentita dal destinatario e la migliore parte di quello che rappresenta il brand.

Tradotto nel mondo della comunicazione non pubblicitaria, questo vuol dire che l’unica comunicazione che funziona è quando c’è l’incontro tra due elementi:

  • un problema (meglio se una rogna) molto sentito e riconosciuto dal cliente
  • quello per cui il libero professionista o l’azienda ha un’autorevolezza riconosciuta

Solo quando questi due elementi sono riuniti, comunichi in modo corretto.

Se ci pensi e anche abbastanza logico:
se il cliente/destinatario della comunicazione ha un problema, lo sente come tale e tu ti presenti come il miglior rimedio questo problema, allora ti ascolterà, tu risulterai credibile e potrai portare a casa l’obiettivo per cui comunichi (vendere, farti conoscere, ….).

Ma se, tu parli di un problema che il cliente non sente allora non interessi.
Mentre se parli di un problema che il cliente sente, ma non sei nel tuo ambito di autorevolezza, allora non sei credibile.
Io, ad esempio, non sono credibile se mi metto a parlare di fiscalità aziendale.

L’autorevolezza inoltre, va definita rispetto a tutti i concorrenti o i sostituti al servizio che io fornisco.
Mai in senso assoluto.

In breve, per comunicare bene bisogna partire dal cliente/ destinatario della comunicazione, parlare dei suoi problemi e dimostrare perché io sono diverso dai miei concorrenti o sostituti.
Questo vale quando devi scrivere un sito Web, quando devi vendere il tuo servizio in un colloquio individuale o quando devi parlare una conferenza,…

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I mezzi con cui comunicare

Ormai sono più di vent’anni che ho a che fare con gli strumenti di tutti i tipi di comunicazione…
E c’è una regola doro, di platino, di diamante chi bisogna rivettarsi in testa!

Quando devi comunicare non devi MAI partire da uno strumento.
Ma da chi devi raggiungere e da quello che riesci a gestire nella tua quotidianità.

Ho visto innumerevoli volte Manager, professionisti, aziende innamorarsi dello strumento X e mettersi a usarlo come primo elemento di comunicazione, senza aver ragionato sul fatto che sia lo strumento migliore per raggiungere il suo target.

Succede così che dopo un po’ lo strumento diventa difficile da gestire, non funziona, non sembra dare risultati, insomma ti fa buttare soldi!

Uno degli esempi più clamorosi degli ultimi anni è il ” tutti su Facebook” o il ” tutti su instagram” ,…

Ma chi l’ha detto?
L’agenzia di turno?
(Che guarda caso si occupa proprio di Facebook o Instagram…)

Per scegliere gli strumenti da usare nella propria comunicazione bisogna:

  • Capire e analizzare dove puoi trovare il tuo cliente.
    Inutile andare su Facebook se il tuo cliente non lo frequenta (e si, succede molto spesso,…).
    Quindi gli strumenti sono da scegliere per prima cosa sulla base di questo criterio.
    Soprattutto se l’obiettivo della tua comunicazione è cercare clienti nuovi.
  • Predisporre gli strumenti base.
    Ci sono degli strumenti di base che non si può non avere, perché, in un processo che porta vendere il proprio servizio, servono di sicuro.
    Senza, all’atto pratico, non si esiste.
    Questi sono:
    • il sito Web,
    • il biglietto da visita (conosco chi incontra i clienti con regolarità e non ce l’ha o è orripilante e scritto fitto, fitto, fitto….)
    • un depliantino aziendale,
    • la presenza nel social network più indicato (ad esempio LinkedIn per il business-to-business).

Ovvio che la presenza va gestita con i principi spiegati prima e va tenuta aggiornata.
Nulla di peggio di un sito che presenta l’ultima news con la data del 2015…
Trasmette automaticamente un senso di non professionalità!

  • Curare i clienti che hai già.
    Dopo aver fatto la comunicazione di base, bisogna definire quale strumento usare per essere presente a intervalli regolari nella testa del cliente che già ti ha scelto.
    Questo permetterà di essere contattato più facilmente quando il cliente, per motivi suoi, ne avrà bisogno.
    Lo strumento principe per fare questo è l’e-mail marketing (le newsletter).
    Attenzione però, non mail in cui uno recita le novità di offerta che ha (ecco il nuovo prodotto, ecco il nuovo servizio).
    Ma quelle in cui parli e descrivi i possibili problemi dei tuoi clienti e (dopo) come puoi aiutare ad implementare le possibili soluzioni.

Ovviamente si può andare oltre, soprattutto impostando una comunicazione che punta ad attrarre in modo sistematico nuovi clienti.

Ma, questo è un film che si può considerare solo se tutte le azioni descritte sono già state fatte…

Perché, se incontri un libero professionista o una PMI che fa le azioni descritte qui, sai che comunica meglio nell’90% dei suoi concorrenti.

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